DOMENICA 29 Settembre.

Riferimenti letture: Am 6,1.4-7; Sal 145,6-10; 1Tm 6,11-16; Lc 16,19-3.

Commento alle letture:

CELEBRAZIONE DI QUATTRO BATTESIMI E UN 40°esimo ANNIVERSARIO DI MATRIMONIO

L’ATTENZIONE AL POVERO È LA MISURA DELLA FEDE

Una Parola impegnativa, quella di oggi: la parabola di Lazzaro e del ricco epulone (Vangelo). Dio conosce per nome il povero Lazzaro, mentre non ha nome il ricco epulone che non viene descritto come malvagio. C’è un abisso fra il ricco e Lazzaro, c’è un burrone incolmabile. La vita del ricco, non condannato perché ricco, ma perché indifferente, è sintetizzata in questa immagine. È un abisso la sua vita. Probabilmente buon praticante – come dice Amos dei i suoi contemporanei (I Lettura), stupito dalla superficialità dei potenti di Israele –, non si accorge del povero che muore alla sua porta. Come ci poniamo di fronte a questa parabola? Non possiamo tirarci da parte di fronte al dramma della povertà, davanti al problema della disoccupazione, davanti a un’economia che vive del capitale dimenticando l’uomo. L’attenzione al povero, diventa la misura della nostra fede. Il Vangelo ci invita alla condivisione, a vedere i nuovi Lazzaro alla porta. È inutile chiedere segni straordinari. I profeti e la Parola di Dio dimorano abbondanti in mezzo a noi, a noi il dovere di accoglierli. (Da La Domenica)

RIFLESSIONE

Il brano del Vangelo odierno torna sul tema della ricchezza e della povertà, le quali sono considerate incarnate in due protagonisti: l’epulone e Lazzaro (il cui nome significa: “aiuto di Dio”).
Il ricco non ha un nome; si è identificato con i suoi banchetti, con i suoi vestiti. Banchetta lautamente e veste di porpora e bisso, stoffe molto pregiate. L’allegro godimento costituisce l’unica occupazione della sua vita, a tal punto che i suoi occhi non si accorgono del povero che sta davanti alla sua porta, nella miseria: per lui il povero non esiste.

La posizione del povero è in netto contrasto con quella del ricco. La sua è una povertà estrema. La malattia lo rende abbandonato, gli impedisce di andare per le strade a chiedere l’elemosina; non può neppure sfamarsi delle molliche di pane che venivano usate per pulirsi le mani dopo avere mangiato e venivano gettate sotto la tavola. Anche i cani, aborriti in Oriente come immondi, aumentano le sue sofferenze; si sfogano contro di lui leccandogli le ferite.
La parabola sottolinea non soltanto il contrasto tra il povero e il ricco; mette in risalto un fatto che è sorprendente: il ricco e il povero sono vicini, ma il ricco non si accorge del povero.
La situazione è radicalmente capovolta al momento della morte che arriva per entrambi. Le rispettive parti si scambiano. L’uomo ricco che viveva tra abiti lussuosi e pasti gustosi si ritrova tra i tormenti, lontano da Dio, mentre il povero Lazzaro, che ha patito disagi e fame, è accolto nel luogo della gioia dove si trovano i giusti. L’espressione nel “seno di Abramo” è una espressione giudaica per dire che egli ottiene la felicità, un posto di onore nella gioia vicino a Dio.
Un baratro, un abisso si è creato tra la posizione dei due. La loro sorte è irreversibile.
La descrizione del al di là non deve essere presa alla lettera. Gesù si adatta alla mentalità corrente dei giudei, che raffigurava l’al di là come un mondo diviso in due luoghi dai quali ci si poteva vedere e parlare.
Le richieste del ricco restano inascoltate. Alla supplica dell’epulone: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura, fa riscontro la risposta inesorabile di Abramo: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi.
Abramo non accetta neppure la richiesta che Lazzaro avverta i fratelli i quali vivono nella ricchezza: il ricco vuole salvarli dal suo destino. Egli viene rimandato alla Legge ed ai Profeti con la severa osservazione: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti sarebbero persuasi”.
La lezione principale che la parabola intende offrire è che il ricco, nonostante la vicinanza, non si accorge del povero. Egli non lo osteggia, semplicemente non lo vede. La ricchezza gli ha atrofizzato il cuore. Questo è il grande pericolo della ricchezza.
La parabola è quanto mai attuale. Essa ci richiama all’amore che dobbiamo avere verso i poveri e alla responsabilità che ciascuno di noi ha nei loro riguardi. (da La Confraternità di S. Giovanni)

PREGA CON IL VANGELO

Gesù tu continui a darci insegnamenti sulla povertà e

l’uso delle ricchezze. Ci chiedi di interrogarci se le ricchezze

possiedono noi, rendendoci ciechi da non vedere nient’altro che

queste. A volte non vediamo le piaghe del nostro fratello che ci

è vicino, perché le cose che abbiamo ci fanno da paravento.

Non permettere, o Signore, che siano i cani a leccare le piaghe

dei tanti Lazzaro che abbiamo vicino, ma insegnaci a

prenderne cura noi.