DOMENICA 15 Settembre

Riferimento letture: Es 32,7-11.13-14; Sal 50,3-4.12-13.17.19; 1Tm 1,12-17; Lc 15,1-32 oppure 1-10.

Commento alle letture:

ABBIAMO CREDUTO ALL’AMORE CHE DIO HA PER NOI

«MI è stata usata misericordia» (1Tm 1,13). Queste parole, (II Lettura) che ascolteremo questa domenica, possono essere considerate la chiave di lettura di tutta la Liturgia della Parola. Quando ci accostiamo a Dio, consapevoli del nostro peccato, ci viene quasi spontaneo chiedergli perdono e promettergli per il futuro una vita diversa. Così come succede al figlio (Vangelo) che si era allontanato da casa, sperperando tutta l’eredità del padre nella parabola odierna del figliol prodigo. Questo, tuttavia, è un atteggiamento ancora molto egoistico, perché al centro della preghiera siamo ancora noi con il nostro desiderio di recuperare crediti di fronte a Dio e nel tentativo di ottenere la pace interiore. Mosè (I Lettura) invece interpella Dio e gli chiede di ricordarsi della sua alleanza, stabilita con Abramo e della decisione di rendere la sua discendenza numerosa come le stelle del cielo. Parte da qui l’esperienza vera del perdono: confessando la fede nella misericordia del Signore, certi che la elargisce a chi si presenta a lui come figlio, peccatore e tuttavia amato. (da La Domenica)

RIFLESSIONE

Il brano del Vangelo odierno riporta due parabole che vengono definite dagli esegeti “le parabole della misericordia divina”.
Va evidenziato subito il contesto in cui Gesù le pronunzia: quando tutti i pubblicani e peccatori vanno da lui per ascoltarlo e i farisei e gli scribi stigmatizzano questo comportamento, mormorando: “Costui riceve i peccatori e mangia con loro”. In merito va ricordato il principio di alcuni rabbini farisei, secondo il quale l’uomo non si deve accompagnare a un empio, neppure per condurlo allo studio della “ Legge”. Per loro il peccatore in quanto tale non è mai oggetto dell’amore divino; lo è dopo la sua conversione. Gesù capovolge questa mentalità, mostrando che anche il peccatore è oggetto dell’amore divino.
Le due parabole mettono in risalto la preoccupazione, l’attenta e premurosa cura nella ricerca della pecorella smarrita e della dramma perduta; ma esse principalmente mirano ad evidenziare la gioia che pervade il cuore allorché si dà il loro ritrovamento; gioia che è così grande che deve essere raccontata agli altri. Invero l’immagine del pastore che va in cerca delle pecore smarrite è presente nell’Antico Testamento ed è adoperata per esprimere l’amore di Dio nei riguardi del suo popolo (cf Ez 34,1- 31). Ciò che è particolarmente originale e nuovo nella parabola narrata da Gesù è la gioia del pastore per il ritrovamento della pecora smarrita e l’atteggiamento nei suoi confronti :
Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta.
Il pensiero fondamentale delle due parabole è che in cielo, per Dio, vi è più gioia per un peccatore che si converte che per la perseveranza di novantanove giusti, che non hanno bisogno di convertirsi. Certamente Gesù non vuole dire che un peccatore che si converte ha davanti a Dio maggiore valore delle persone giuste. La gioia di Dio per la conversione del peccatore è grande perché Egli non si compiace della morte del peccatore, ma desidera che si converta e viva (cf Ez 18,23). Peraltro c’è da chiedersi se effettivamente esistano giusti che non abbiano bisogno di conversione. Nell’espressione di Gesù si può leggere una sua puntata ironica nei riguardi della pretesa giustizia dei farisei. In effetti Egli utilizza un’espressione paradossale per condannare la mentalità di certi farisei. Il senso della gioia per la conversione di un solo peccatore è in contrasto con l’arrogante presunzione dei farisei che si reputano giusti.
Come è ovvio, il pieno significato delle due parabole si ha in rapporto all’amore di Gesù verso i peccatori. Esse intendono giustificare il suo amore verso i peccatori. La sua missione è quella di cercare e salvare ciò che era perduto (cf Lc 19,10). Essa corrisponde alla volontà salvatrice di Dio.
Le due parabole sono la prova che Dio è sempre in cerca del peccatore come il pastore va in cerca della pecora che gli era sfuggita, come la donna va in cerca della dramma perduta.
Dio ci ama, benché noi siamo peccatori; Egli è misericordia e perdono. Cosi ce lo presenta Gesù; così dobbiamo annunziarlo anche noi. C’è tanta gente che attende di ascoltare questo messaggio di amore.
“Gesù è venuto a rivelare il volto misericordioso del Padre, che guarisce e perdona. Cristo rivela Dio che è Padre, che è “amore”, come si esprimerà san Giovanni nella sua prima lettera; rivela Dio “ricco di misericordia”, come leggiamo in san Paolo. Tale verità, più che tema di un insegnamento, è una realtà a noi resa presente da Cristo.
Rendere presente il Padre come amore e misericordia è, nella coscienza di Cristo stesso, la fondamentale verifica della sua missione di Messia” (cf Dives in misericordia, 3).

 

PREGA CON IL VANGELO

Signore, quando si compie il bene le mormorazioni non mancano.

Donaci di rispondere ad esse con la pazienza e la mitezza che hai

dimostrato tu con gli scribi e i farisei, con l’affettuosità del padre

verso il figlio maggiore alla sua reazione negativa. Nel tuo Amore

misericordioso vai alla ricerca di chi è perduto, finché non lo ritrovi.

Ti attendiamo, raggiungici. L’amore ricevuto diventi amore donato

per una gioia da condividere.