Condivido il testo della relazione che ho presentato all’Ordine Francescano Secolare di Civitanova Marche. Mi avevano chiesto la disponibilità di vivere una giornata di fraternità con loro presso il convento dei Frati Minori Cappuccini di Recanati. Ho accettato volentieri anche perché diversi parrocchiani vi avrebbero partecipato. Mi sono trattenuto con loro dalle 9 alle 14; ho fatto la relazione (VOGLIAMO CAMMINARE INSIEME?), si è lasciato un ampio spazio come concordato con i responsabili cosicché ciascuno e ciascuna potesse dare il proprio contributo – si sono divisi in cinque gruppi – e poco dopo le 12 ho anche risposto a quattro domande. Veramente una mattinata, per me, di autentica gioia spirituale secondo l’invito della Liturgia della Parola del giorno, don Emilio

VOGLIAMO CAMMINARE INSIEME?

Relazione all’Ordine Francescano Secolare di Civitanova Marche

Recanati, convento dei Frati Minori Cappuccini

Domenica Gaudete – 12 dicembre 2021

 

Introduzione

 

Parlare di sinodo significa fare riferimento a quanto si legge nel 15° capitolo degli Atti degli Apostoli. Era sorta una questione importante che lacerava la Chiesa: per essere discepoli di Gesù e ricevere il Battesimo bisogna osservare le usanze ebraiche? Si viveva nella fraternità ma questo argomento creava tensioni, tra giudei e pagani, in particolare tra Pietro e Paolo ad Antiochia (cf. Gal 2); per questo si decise di trovarsi a Gerusalemme, per ascoltarsi e prendere una decisione. Si erano messi tutti in ascolto dello Spirito Santo per capire il disegno di Dio sulla Chiesa e operare le scelte giuste per annunciare in modo efficace il Vangelo, giungendo a questa formulazione. “È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi di non imporvi altro obbligo …” (At 15, 28).

È il “concilio di Gerusalemme” e nel corso della storia ci sono stati vari concili dove tutti i vescovi sono stati convocati dal Papa (nei primi secoli, era l’imperatore d’Oriente che li esigeva al Papa) per capire le situazioni e, alla luce della Parola di Dio, prendere delle decisioni su questioni dottrinali, liturgiche, canoniche e pastorali della Chiesa. Paolo VI, alla conclusione del Concilio Vaticano II (11 ottobre 1962 – 8 dicembre 1965), istituì il Sinodo dei Vescovi come uno strumento per continuare la fraternità e la collegialità. In questo modo, il governo della Chiesa sarebbe stato del Papa, come “primo tra uguali”[1].

«Il Sinodo dei Vescovi è un’assemblea di Vescovi i quali, scelti dalle diverse regioni dell’orbe, si riuniscono in tempi determinati per favorire una stretta unione fra il Romano Pontefice e i Vescovi stessi, e per prestare aiuto con il loro consiglio al Romano Pontefice nella salvaguardia e nell’incremento della fede e dei costumi, nell’osservanza e nel consolidamento della disciplina ecclesiastica e inoltre per studiare i problemi riguardanti l’attività della Chiesa nel mondo» (Codice di Diritto Canonico, canone 342).

 

Chiesa e Sinodo sono sinonimi

 

Papa Francesco, commemorando nell’Aula Paolo VI i 50 anni della costituzione del Sinodo dei Vescovi, il 17 ottobre 2015, disse:

“Il mondo in cui viviamo, e che siamo chiamati ad amare e servire anche nelle sue contraddizioni, esige dalla Chiesa il potenziamento delle sinergie in tutti gli ambiti della sua missione. Proprio il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio […].

Quello che il Signore ci chiede, in un certo senso, è già tutto contenuto nella parola Sinodo. Camminare insieme – laici, pastori, vescovo di Roma – è un concetto facile da esprimere a parole, ma non così facile da mettere in pratica. […]. Se capiamo che, come dice san Giovanni Crisostomo, Chiesa e Sinodo sono sinonimi, capiamo pure che al suo interno nessuno può essere ‘elevato’ al di sopra degli altri. […] come in una piramide capovolta, il vertice si trova al di sotto della base”.

 

Nella Conferenza stampa con i giornalisti alla fine del recente viaggio a Cipro e in Grecia di Francesco, il 6 dicembre, commentando una espressione (“La Chiesa è sintesi, in termini umani la Chiesa è clero e laici mentre per Dio siamo un unico gregge”) ha detto: “Sì, siamo un unico gregge, è vero. E questa divisione – clero e laici – è una divisione funzionale, sì, di qualifica, ma c’è una unità, un unico gregge. E la dinamica tra le differenze dentro la Chiesa è la sinodalità: cioè ascoltarsi l’uno con l’altro, e andare insiemeSyn odòs: fare strada insieme. Questo è il senso della sinodalità. Le vostre Chiese ortodosse, anche le Chiese cattoliche orientali, hanno conservato questo. Invece la Chiesa latina si era dimenticata del Sinodo, ed è stato San Paolo VI a re-instaurare il cammino sinodale, 54, 56 anni fa. E stiamo facendo un cammino per avere l’abitudine della sinodalità, del camminare insieme”. Sinodo è una parola antica nella tradizione della Chiesa. È composta dalla preposizione σύν (con) e dal sostantivo ὁδός (via): il cammino del Popolo di Dio.

 

Da riprendere quindi quanto Francesco ha scritto nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium (24 novembre 2013) che è un annuncio programmatico del ministero:

“La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del si è fatto sempre così. Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità. Una individuazione dei fini senza un’adeguata ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è condannata a tradursi in mera fantasia. Esorto tutti ad applicare con generosità e coraggio gli orientamenti di questo documento, senza divieti né paure. L’importante è non camminare da soli, contare sempre sui fratelli e specialmente sulla guida dei Vescovi, in un saggio e realistico discernimento pastorale” (n. 33).

 

***

Se l’importante è non “camminare da soli” bisogna imparare a vivere “la mistica di avvicinarci agli altri” per allargare la nostra interiorità e “ricevere i più bei regali del Signore” (cf. n. 272). Ci sono modi di pensare che impediscono un camminare insieme:

  • quando ci si sente superiori o inferiori agli altri. Per secoli la cultura ha sviluppato una visione binaria (chi vince e chi perde, chi è promosso e chi bocciato). Si sottolineava la superiorità di uno (nella Trinità del Padre, sul Figlio e lo Spirito santo) e la sottomissione degli altri. Oggi che siamo fortemente sollecitati a ripensare tutto in ordine alla fraternità e all’amicizia sociale (cf. Francesco, Lettera enciclica Fratelli tutti [3 ottobre 2020]), siamo chiamati a convertirci a questa visione delle cose: siamo parte dell’unica famiglia umana avendo stessa dignità pur essendo molto diversi per cultura, religioni, convinzioni;
  • quando non ci si educa a “rinnegare se stessi” e, ogni giorno, a esercitarsi a non guardare la realtà solo dal nostro punto di vista, ma tenendo presente quello altrui;
  • quando non c’è la partecipazione di tutti nel servire; da evitare che ci sia chi serve sempre e chi è sempre servito;
  • quando si cade nell’eresia dell’attivismo – mentre bisogna imparare a sostare con chi fa fatica (“con gli ultimi” o peccatori ) – o non si coltiva ogni aspetto della vita: la preghiera come lo sport, la cura della casa come le relazioni sociali, l’attenzione alla propria famiglia ma anche alla vita parrocchiale o all’aggregazione ecclesiale di cui facciamo parte … Si tratta di vigilare costantemente sulle priorità;
  • quando rinunciamo a fare discernimento, non promuovendo momenti nei quali ascoltare il “grido” dei poveri e capire insieme come rispondere con amore e cura!

 

Per realizzare il “noi-Chiesa” abbiamo bisogno di lasciarci plasmare dalla Parola di Dio e in particolare dal Comandamento Nuovo («Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli» (Gv 13, 34-35) così da realizzare l’auspicio della Prima Lettera di Pietro – “Soprattutto conservate tra voi una carità fervente, perché la carità copre una moltitudine di peccati” (4,8) –. E per questo, bisogna concretizzare l’amore a Dio e al prossimo in tutte le forme possibili e tra queste l’essere accanto a chi è in difficoltà valorizzando i doni di ciascuno o il parlare con rispetto e con franchezza ogni volta che si esprime il proprio parere. Riporto dei testi per indicare dove dovremmo prestare attenzione per evitare di citare (senza vivere) questo stile. Infatti è molto impegnativo e non ci siamo abituati, a mio avviso.

 

Alcune espressioni utili del Nuovo Testamento[2]

 

Dalla Lettera ai Romani di san Paolo: “La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli latri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda” (12,9-10); “Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non statevi sapienti da voi stessi” (12,14-16); “Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti. Non fatevi giustizia da voi stessi, carissimi, ma lasciate fare all’ira divina” (12,18-19); “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene” (12,21); “D’ora in poi non giudichiamoci più gli uni gli altri; piuttosto fate in modo di non essere causa di inciampo o di scandalo per il fratello” (14,13); “Accoglietevi perciò gli uni gli altri come anche Cristo accolse voi, per la gloria di Dio” (15,7); “Fratelli miei, sono anch’io convinto, per quel che vi riguarda, che voi pure siete pieni di bontà, colmi di ogni conoscenza e capaci di  correggervi l’un l’altro” (15,14).

 

Dalla Prima Lettera ai Corinzi – “Perciò, fratelli miei, quando vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri” (11,33); “perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiamo cura le une delle altre” (12,25); “Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine” (13,7-8) – o dalla Seconda: “Per il resto, fratelli, siate gioiosi, tendete alla perfezione, fatevi coraggio a vicenda, abbiate gli stessi sentimenti, vivete in pace e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi” (13,11).

 

Dalla Lettera ai Galati – “Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!” (5,15); “Portare i pesi gli uni degli altri: così adempirete la legge di Cristo” (6,2) – o dalla Prima Lettera ai Tessalonicesi: “Perciò confortatevi a vicenda e siate di aiuto gli uni agli altri, come già fate” (5,11); “Vi esortiamo fratelli: ammonite chi è indisciplinato, fate coraggio a chi è scoraggiato, sostenete chi è debole, siate magnanimi con tutti. Badate che nessuno renda male per male ad alcuno, ma cercate sempre il bene tra voi e con tutti. Siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi. Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male” (6,14-22).

 

Dalla Lettera agli Efesini – “… comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace” (4, 1-3); “Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo” (4,32); “Nel timore di Cristo, siate sottomessi gli uni agli altri” (5,21) – o dalla Lettera ai Colossesi: “Non dite menzogne gli uni agli altri: vi siete svestiti dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo” (3,9-10a); “sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Ma sopra tutte queste cose rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto” (3,13-14); “La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori” (3, 16).

 

Alcuni criteri per una pedagogia del Discernimento comunitario

  • Dare centralità all’ascolto e all’annuncio del Vangelo nelle nostre comunità!
  • Allenarsi a un ascolto profondo che è condizione per ogni autentico dialogo e ogni incontro tra persone nella reciproca accoglienza e nel parlare sincero.
  • Imparare a togliere pregiudizi e discriminazioni di ogni genere dando all’interlocutore fiducia. Papa Francesco invita a “toglierci i sandali davanti alla terra sacra dell’altro” (cf. Es 3, 5), che significa avere uno sguardo rispettoso, pieno di misericordia, che sani e faccia maturare” (Cf. Evangelii gaudium, n. 169).
  • Cercare il bene possibile in ogni situazione e respingere il male della divisione. Accarezzare i conflitti e non alimentarli! Il discernimento si traduce in una ricerca del positivo da valorizzare, anche quando è un piccolo seme.
  • Esercitare l’autorità alimentando l’autorevolezza.
  • In Gesù che sulla croce dà la vita per unirci al Padre, ciascuno e ogni comunità trova la determinazione a amare le piaghe della Chiesa e dell’umanità.
  • Maria nel suo “stare” sotto la croce, è il modello di cosa significhi vivere la fede: “saper perdere tutto” a gloria di Dio. Ci insegna a rinunciare al pessimismo sterile di chi si lamenta di tutto e approfitta di ogni segno di fragilità o di peccato per criticare, senza però lasciarsi coinvolgere perché parte dello stesso “Corpo”.

 

Il camminare come popolo di Dio è coltivare «insieme i tre linguaggi: della testa, del cuore e delle mani. Bisogna cioè imparare a pensare bene, a sentire bene e a lavorare bene». A molti battezzati, può far riscoprire che vale la pena vivere così; a chi si è allontanato dalla pratica religiosa può far tornare la “nostalgia di casa”. Per tutti può essere utile come palestra dove esercitarsi a vivere l’amore ricco di intelligenza e l’intelligenza piena di amore: «La carità non esclude il sapere, anzi lo richiede, lo promuove e lo anima dall’interno. Il sapere non è mai solo opera dell’intelligenza. […], deve essere “condito” con il “sale” della carità. Il fare è cieco senza il sapere e il sapere è sterile senza l’amore […] Le esigenze dell’amore non contraddicono quelle della ragione. Il sapere umano è insufficiente e le conclusioni delle scienze non potranno indicare da sole la via verso lo sviluppo integrale dell’uomo. C’è sempre bisogno di spingersi più in là: lo richiede la carità nella verità. Andare oltre, però, non significa mai prescindere dalle conclusioni della ragione né contraddire i suoi risultati. Non c’è intelligenza e poi l’amore: ci sono l’amore ricco di intelligenza e l’intelligenza piena di amore»[3].

Rocchi don Emilio

[1]«Dal Concilio Vaticano II all’attuale Assemblea, abbiamo sperimentato in modo via via più intenso la necessità e la bellezza di “camminare insieme”» (Francesco, Discorso per il 50° dell’istituzione del Sinodo dei vescovi, 17 ottobre 2015). La Commissione Teologica Internazionale ha pubblicato lo studio La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa e sempre nel 2018 papa Francesco ha pubblicato la Costituzione Apostolica sulla struttura del Sinodo dei Vescovi Episcopalis communio (15 settembre 2018).

[2]Potremmo trovare altre indicazioni nella Lettera di Giacomo – Confessare i peccati gli uni gli altri e pregare gli uni per gli altri (5,16) –, nella Prima Lettera di Pietro – Amarsi intensamente gli uni gli altri (1,22); Praticare l’ospitalità (4,9); Rivestirsi di umiltà (5,5) –, nella Prima Lettera di Giovanni – Essere in comunione gli uni con gli altri (1,7) – o nella Lettera agli Ebrei: Esortarsi gli uni con gli altri (3,13); Prestare attenzione gli uni agli altri e stimolarsi a vicenda nell’amore (10,24).

[3]Benedetto XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate (29 giugno 2009), n. 30. Cf. Benedetto XVI, Lettera rivolta alla diocesi e alla città di Roma sul compito dell’educazione (21 gennaio 2008).