Li avevamo lasciati in partenza per la missione: ora la famiglia Sorichetti, babbo Cesare e mamma Laura, con i figli Elia, 8 anni e Isacco, 5, si trova a Zajecar, in Serbia, dove è cominciata la loro nuova vita. “L’arrivo a Zajecar non è stato un ‘atterraggio’ morbido – raccontano Cesare e Laura. – Siamo arrivati il 3 settembre alle 19.30. Era già notte. Abbiamo viaggiato comodamente visto che la macchina che ci è stata donata non è nuovissima (anche se in ottimo stato e non ci ha dato nessun problema). Perciò ci siamo fermati due giorni a Trieste nella casa di una famiglia che è in missione in America e che ci ha messo a disposizione l’appartamento”. La famiglia, soprattutto gli adulti, si è adattata con una certa fatica al nuovo ambiente: “qui è già arrivato il freddo (la notte la temperatura scende a zero gradi) ma la difficoltà più grande è la lingua, è la nostra sofferenza più grande oggi! Nella nostra missione il sacerdote è ucraino, due famiglie parlano spagnolo e poi ci siamo noi. La lingua ufficiale delle celebrazioni è lo spagnolo: fino a pochi giorni fa c’era un seminarista spagnolo dal seminario croato di Pola che traduceva le omelie serbe in spagnolo e qualche parola in italiano. Ma ora lui è rientrato a Pola per continuare gli studi ed al suo posto è arrivato un seminarista bosniaco. Conosce bene lo spagnolo, non parla italiano ma si è dimostrato disposto con noi ad impararlo. Per noi che eravamo abituati ad ascoltare le omelie anche vespertine di don Emilio, di don Andrea, ed altri che per noi sono state una benedizione, partecipare ad una Eucarestia senza comprendere è una grande frustrazione”.   La casa, per fortuna, è invece ospitale: “l’appartamento dove abitiamo si trova nella zona centrale, in una serie di palazzi vicini dove ci siamo trovati bene da subito. È carino ed accogliente. Vicino alla chiesa, al mercato, ai giardini ed alla piazza principale. Economicamente Zajecar non è sicuramente una città in via di sviluppo. Molti locali sono abbandonati, ci sono molte rovine di fabbriche chiuse e tanta gente in questo periodo si trasferisce per lavoro in Italia, Germania, Francia. Imprese edili non ce ne sono (Cesare è un artigiano edile, ndr) e non abbiamo visto edifici in ristrutturazione”. Cesare ha avuto un colloquio di lavoro con una fabbrica italiana a 40 chilometri dalla città ma lo stipendio copriva giusto le spese di trasporto e vitto. La remunerazione mensile è di circa 250 euro per un operaio ed arriva a 400 per un laureato. “Anche questa è stata per noi una sofferenza – sottolineano – ma grazie a Dio, come ci ha insegnato don Emilio, la provvidenza viene in nostro soccorso e la nostra comunità di Civitanova ed altri benefattori ci stanno sostenendo”. I bambini sembrano adattarsi bene al nuovo ambiente: “Elia il più grande frequenta la seconda classe. Con nostra sorpresa si è inserito subito molto bene e con il suo carattere socievole si è guadagnato l’amicizia di tutti, anche dei più grandi e vorrebbe andare a scuola anche di pomeriggio. Si trova bene, l’ambiente è molto familiare. Ha una sola maestra che, incoraggiandolo con affetto, gli vuole bene come una mamma! Questo è per noi di grande consolazione perché nonostante le sofferenze di cui parlavamo sopra, ci sentiamo amati da questa città, forse per ragioni passate, forse perché non capiscono che cosa siamo venuti a fare o forse, con la nostra debolezza della lingua, generiamo in loro tenerezza e ci avvicinano. Isacco ha 5 anni ed inizierà la preparazione alle elementari a dicembre. Qualcuno ci crede dei pazzi quando, domandandoci il motivo che ci ha spinti qua, alziamo gli occhi al cielo e diciamo Gospodine: il Signore. Sì, soffriamo ma soffrire con Cristo non è la stessa cosa!”.   A Zajecar, tutto sommato, non si sta poi così male perché “è una cittadina carina, tranquilla dove ancora si può vivere. Non c’è il caos del traffico ed i bambini vanno in giro da soli ed anche a scuola non sono accompagnati; le scuole hanno porte e cancelli sempre aperti. La città ha circa 40.000 abitanti, ufficialmente ortodossi. Ma solo il 30 per cento frequenta la Messa domenicale (non esistono messe vespertine). I cristiani cattolici sono 60, li ha contati il sacerdote della nostra missio ad gentes. Di musulmani non ne abbiamo incontrati: c’era soltanto una famiglia che poi se n’è andata. Siamo stati ad un pellegrinaggio a Nis dove siamo entrati per la porta santa dell’unica chiesa cattolica insieme al vescovo della Serbia centro-sud! Abbiamo avuto la grazia di confessarci tutti e tre da lui visto che conosce bene l’italiano. Questo ci ha incoraggiati molto e ci ha dato una parola per la nostra missione. Noi stiamo continuando qui a fare il nostro cammino di fede, sostenuti e incoraggiati dalla forza delle vostre preghiere e di quelli che hanno creduto a questa missione. Celebrando la Parola il giovedì, l’Eucarestia dopo i vespri del sabato. Un bel dono per noi, venuto con la missione, è l’Eucarestia che celebriamo ogni tre settimane (perché per ora siamo solo tre famiglie) nella nostra casa con solo la nostra famiglia ed il sacerdote, dove possiamo mettere in comunione le sofferenze e le gioie della missione (ed anche i figli si aprono)”.   A Zajecar c’è la povertà ma si vivono i valori essenziali: “il Signore ci ha mandati in un paese molto povero dove però non manca la dignità e si pensa solo alle cose veramente importanti. Al resto si guarda poco! Qui si ‘sperimenta’ il Vangelo in molti angoli della strada; osservare lo stile di vita che conducono molte persone (in tanti vanno a procurarsi il cibo nei cassonetti), o guardare negli occhi gli anziani soli, abbandonati ai margini della strada ci rende partecipi delle loro sofferenze e di conseguenza di quelle di Cristo sulla Croce. Questa gente davvero porta la croce con dignità. Noi veniamo da un paese industrializzato dove l’Avere e l’Apparire sono i traguardi da raggiungere, traguardi vuoti in fondo, che non lasciano spazio alla vera felicità, che è Nostro Signore Gesù Cristo! Qui la Parola di Dio si fa carne in molte persone e non c’è bisogno di saper parlare o comprendere la lingua serba per capire che questi sono i mendicanti che chiedevano molliche al ricco epulone; che questi sono i figli prediletti di Dio. E tutto questo è motivo di conversione per noi, che, insieme ai bambini, stiamo imparando ad apprezzare le piccole cose e a dare un senso profondo alle nostre rinunce. Questo tesoro lo abbiamo trovato grazie alla Chiesa, che con coraggio ci ha sempre proclamato la Parola di Dio nella verità. Ed allora come non ringraziare il coraggio e il parlare con puntualità di don Emilio, le parole di sostegno di don Peppe, la sapienza di don Nazzareno e la saggezza di don Paolo, le dolci parole di novità e l’umiltà di don Andrea e di fra Filippo, come possiamo dimenticare la festa di invio alla quale avete partecipato tutti voi parrocchiani di Santa Maria Apparente? Vi sentiamo vicini ogni giorno con le vostre preghiere che sono per noi sostegno e forza!”