Sul tavolo ci sono una bicicletta, una scatola con disegnato un gufetto, e tante, tante candele che contribuiscono a immergere la trentina di persone presenti all’incontro del ciclo “Pane, incontri e fraternità”, che si è svolto il 3 agosto al Santuario di Santa Maria Apparente, in un’atmosfera suggestiva ma anche disponibile all’ascolto e alla relazione. Il tramonto e la notte sono però illuminati non solo dalle candele, ma dalle straordinarie figure di due filosofi: il primo è Emmanuel Mounier, morto nel 1950, di cui vengono lette alcune pagine, tratte dalla sua opera “Il personalismo”, pubblicata pochi mesi prima della morte e considerata il suo testamento spirituale, l’altro, ben presente in carne ossa, è Luigi Alici, professore emerito di Filosofia morale all’Università di Macerata e già presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana. Le sue ultime opere pubblicate sono: “Liberi tutti. Il bene, la vita, i legami” (Vita e Pensiero) e “Natura e persona nella crisi planetaria” (Castelvecchi).

“Forse il cristianesimo sta morendo?”: con questa domanda di Mounier, che sembra rispecchiare perfettamente il nostro tempo, si apre la serata. Il pensatore francese, nella sua riflessione, prosegue notando come sia necessario che il “cristianesimo ritorni un po’ alla volta alla sua posizione primitiva: rinunciare al governo della terra e alle apparenze di una sua consacrazione, per dedicarsi all’opera propria della Chiesa, la comunità dei cristiani nel Cristo, pur restando essi uniti agli altri uomini nell’attività profana. Niente teocrazia, niente liberalismo, ma ritorno al duplice rigore della trascendenza e dell’incarnazione”. Alici chiarisce che “ci sono momenti di trasformazione profonda in cui i cristiani non possono permettersi di sbagliare” e che trascendenza e incarnazione devono andare per forza insieme: perché “la trascendenza senza l’incarnazione ci fa diventare spiritualisti o eccessivamente devozionali, ma anche l’incarnazione senza trascendenza fa del cristianesimo semplice impegno sociale o strumento di potere”. Amedeo Angelozzi, organizzatore di questi appuntamenti, all’insegna della spiritualità di Charles De Foucauld e di San Francesco, pensati all’interno del progetto “Spazi di Fraternità”, ricorda come papa Francesco, nel suo incontro della mattina con gli studenti dell’Università Cattolica di Lisbona, uno degli eventi della GMG che si sta svolgendo in Portogallo, abbia affermato che “non siamo in un’agonia, bensì in un parto; non alla fine ma all’inizio di un grande spettacolo” e li abbia invitati ad “avere il coraggio di sostituire le paure coi sogni: non amministratori di paure, ma imprenditori di sogni!”. Il professor Alici propone un’immagine interessante: “Se un drone ci riprendesse dall’alto stasera, chi vede le immagini le potrebbe interpretare in qualunque modo, potrebbe pensare che stiamo facendo una festa o una cena, ma sfuggirebbe del tutto la relazione tra le persone, il drone proprio non la vede”; ma che cos’è la vita se non “un sottosuolo di relazioni che danno senso a ciò che facciamo”? E “relazione” è una delle parole che campeggiano nel cartellone in cui tutti hanno espresso con una parola cosa hanno significato questi incontri per loro, insieme ad “accoglienza”, “sobrietà”, “amicizia”, “il sale”, “disintossicazione” e tante altre. Alici non si tira indietro nel rivelare che nella sua vita personale e di filosofo ha cercato di studiare “l’enigma delle relazioni” perché “si vedono le persone, non le relazioni, le storie, le sofferenze…” E ricorda che la “relazione la possiamo vivere solo con le persone, gli animali, il mondo naturale”: ma questa relazionalità esterna “la apprezziamo se curiamo la relazione interna che abbiamo con noi stessi”. Altro tassello importante del suo percorso Alici lo identifica nella “narrazione”, che sembra un’arte “scontata” ed invece è “molto difficile, perché si tratta di rileggere e ritessere le esperienze che stiamo facendo inserendole dentro un orizzonte di senso. La filosofia di oggi è The life is now, ma Sant’Agostino scrive le sue Confessioni dopo la conversione perché solo dopo si riesce a vedere il quadro”; in fondo “raccontarsi è la capacità di capire da dove vengo e dove sto andando”. E aggiunge con dispiacere che “oggi la confessione è mero elenco dei peccati e manca totalmente la condivisione della storia della vita di una persona. E come andare dal medico: quello ascolta, prescrive la ricetta e ti manda via, non si crea nessuna relazione”. E infine la riflessione di Alici raggiunge la vetta più alta e cattura l’attenzione assoluta dei presenti: è il momento in cui il filosofo parla del “terzo”. E chi è questo terzo? “La tradizione cristiana – sottolinea – ha smarrito la meditazione sulla Trinità. Il Padre e il Figlio, infatti non sono entità separate o legate da qualche obbligo. Sono due persone che si amano e l’amore è così importante che è persona esso stesso. Lo Spirito dà senso alla narrazione, alla ricerca dell’orizzonte di senso e alle relazioni”. Purtroppo “ci stiamo giocando la capacità di riconoscere, invocare e adorare lo Spirito, l’unico che trasforma le monadi in comunità”. Per i ragazzi oggi “relazioni e contatti sono sinonimi. I contatti però presumono profili, mentre la relazione presuppone l’incontro tra persone. Una relazione a due è destinata a chiudersi, il terzo è l’altro che irrompe senza chiedere il permesso”. Certo “noi non possiamo entrare in relazione diretta con Dio, questo processo avviene attraverso la fede, i sacramenti, le relazioni con gli altri. L’incontro con Dio può avvenire all’interno della relazione con me stesso, con gli altri, con la natura: queste relazioni stanno tutte insieme ma la relazione con Dio non è altro, non è una quarta relazione”.

Quest’incontro non è stato una sorta di “ultima cena”, perché ci saranno altri momenti, ma per adesso gli appuntamenti si fermano: la bicicletta sul tavolo voleva proprio dire che dopo questi incontri di conoscenza, relazione, riflessione e meditazione è forse il momento di “prendere il largo” e andare incontro agli altri e anche al “terzo” che ci sorprende sempre. Il gufo, per inciso, è invece considerato simbolo della filosofia.

Per chi volesse la porta del Santuario di Santa Maria Apparente, dove risiede il viceparroco, don Mario Moriconi, è sempre aperta per un momento di solitudine, meditazione o dialogo.

Simona Mengascini