La famiglia Sorichetti, il papà Cesare, 45anni, la mamma Laura Francinelli, 43 anni e il piccolo Elia di otto anni e Isacco, di cinque è in partenza. Ma non si tratta di vacanze: i quattro stanno per affrontare una “missio ad gentes”, ovvero vanno in missione in Serbia, nella città di Zajecar, a partire dalla metà di agosto: prima di andare Elia, con il permesso del vescovo Conti, riceverà la prima comunione nella parrocchia di Santa Maria Apparente, il 31 luglio.

E’ una storia bella e sorprendente quella che li ha portati a decidere di lasciare casa, lavoro e cari per andare in una città dove le famiglie sono anziane, i giovani non frequentano nessuna chiesa, neppure quella ortodossa e i cattolici sono appena il due per cento. “In realtà – dice la coppia – noi non abbiamo deciso niente: è Dio che fa la storia e noi apriamo le porte”.

Guardando al passato i due vedono una serie di segni che hanno indicato loro la strada da percorrere: dall’inizio turbolento lontano dalla fede, all’incontro fortuito con un sacerdote, all’approdo al cammino di fede neocatecumenale nella parrocchia di Cristo Re, alla decisione di adottare due bambini in Messico fermata dalla scoperta di lei di essere incinta dopo dieci anni di matrimonio, alla disponibilità data alla missione nel 2005 e concretizzatasi solo ora, dopo che i due si erano presi cura del padre malato di Laura, poi purtroppo deceduto.

“Ci siamo conosciuti a scuola – raccontano – a ragioneria. Il nostro fidanzamento è durato sei anni e poi ci siamo sposati: eravamo giovani, 25 e 27 anni, e nessuno ci dava fiducia; avevamo avuto esperienze negative, eravamo fuori fase. Un incontro fortunato, o forse, meglio, provvidenziale, con don Alberto Massucci, ci ha aiutato molto: ci dava dei versetti del Vangelo da leggere e meditare a un certo punto ci ha detto ‘trovate la casa e sposatevi’!

In sei mesi abbiamo deciso e ci siamo sposati: il padre di Laura era contento e ci ha incoraggiati e sostenuti. Abbiamo trovato una casa in corso Dalmazia e ci siamo uniti in matrimonio a luglio, a Civitanova Alta, nella chiesa di san Paolo; rito celebrato da don Ubaldo Ripa. Dopo pochi mesi don Alberto ci ha invitato a questo cammino di fede, nella parrocchia di Cristo Re, che ci ha salvato, ci ha tenuto legati al Signore e ci ha portato all’interno della Chiesa”.

Dopo poco più di un anno i due cambiano casa e vanno ad abitare in uno dei sei appartamenti, affittati ad equo canone, lascito della famiglia dei conti Frisciotti alla Confraternita del Santissimo Sacramento, che vennero inaugurati dal vescovo di allora, monsignor Franceschetti: i Sorichetti furono una delle prime coppie ad abitarli.

I due, lui artigiano edile e lei, dipendente della cooperativa sociale il Faro, continuano la loro vita e il loro cammino di fede: durante una delle “chiamate” che avvengono all’interno del cammino neocatecumenale per i giovani, per la vita consacrata e per le famiglie in missione i due, dopo un ascolto attento della Parola e con tutto il cuore, maturano la loro disponibilità. E’ il 2005 lo stesso anno in cui Cesare e Laura cominciano con l’Avsi e l’associazione papa Giovanni XXIII il cammino per l’adozione.

E qui succede un altro piccolo miracolo: “ad agosto del 2008 dovevamo partire per il Messico – ricordano – per adottare due fratellini di 5 e 6 anni. Avevamo firmato per l’accettazione e avevamo fatto il primo versamento: poi, improvvisamente, Laura si è accorta di essere incinta e il Tribunale dei minori ci ha fermato nelle pratiche per l’adozione; a distanza di tre anni è nato anche Isacco. Noi in tutti questi anni abbiamo rinnovato la nostra disponibilità a partire ma quasi non ci pensavamo più. Poi lo scorso agosto è morto il papà di Laura e il successivo gennaio è arrivata la chiamata. Non sapevamo dove ci avrebbero mandato, la destinazione è stata estratta a sorte, tra varie città in cui i vescovi hanno richiesto la presenza di famiglie missionarie. Saremo in cinque famiglie, di varie nazionalità, più un sacerdote ucraino ad animare la missione a Zajecar.

Tutti ci chiedono cosa andremo a fare: semplicemente andremo a portare Cristo. Vedere delle famiglie con bambini che frequentano la chiesa è già un segno di per sé: noi lo facciamo per gratitudine a Dio e per testimoniare che vivere Cristo al cento per cento ci ha ridato il senso della vita.

Dove andremo ad abitare? Cesare troverà un lavoro? Là non ci manterrà nessuno, ma qui abbiamo già sperimentato la precarietà e sappiamo che la Provvidenza e la misericordia di Dio sono infinite. Comunque la prima volta che siamo andati, abbiamo già visto una casa che forse potrebbe andare, anche se un po’ scomoda ed Elia comincerà da settembre a frequentare la scuola serba, è già iscritto. Lui è un po’ dispiaciuto di lasciare il Savio club, il gruppo di don Bosco a san Marone e il servizio da chierichetto a Santa Maria Apparente ma al tempo stesso ci fa coraggio e ci dice di non preoccuparci.

Quella che abbiamo avuto è una chiamata, umanamente non si spiega, sappiamo solo che avevamo il desiderio di restituire ciò che ci era stato dato, non abbiamo programmato niente”.

Cesare e Laura mentre parlavano sembravano emozionati, ma sereni, e i bambini per niente preoccupati per quello che li aspetta: la famiglia ha ricevuto anche la benedizione di papa Francesco, in un’udienza con altri quattrocento nuclei familiari in partenza per la missione e a giugno, con il vescovo Conti, c’è stato un incontro con “l’invio”.

Ora non resta che partire.