Donna e laica: Keti Stipa, della nostra parrocchia, è la nuova Responsabile del Servizio Diocesano di Pastorale Giovanile

Keti Stipa è la prima donna, laica, che ricopre il ruolo, nella diocesi di Fermo, di Responsabile del Servizio Diocesano di Pastorale Giovanile. Abita a Civitanova, nella parrocchia di Santa Maria Apparente, ha 51 anni, è impiegata nell’ufficio di segreteria della scuola dell’infanzia paritaria “Sacra Famiglia” di Porto Sant’Elpidio, ama i bambini, la musica, il ballo e gli animali, in particolare la sua gatta “Micia”. La nuova Responsabile racconta di aver sempre “camminato accanto alla parrocchia, fin da piccola”, ma sicuramente per lei è stato importante, alle scuole medie, l’incontro con don Luigi Mancini, che “mi ha fatto conoscere il Movimento Diocesano dell’Opera di Maria (Movimento dei Focolari) che poi ho approfondito in parrocchia. Negli anni mi sono occupata della formazione dei ragazzi e deigruppi giovani e ho svolto alcuni incarichi a livello diocesano. Sicuramente due momenti sono stati fondamentali, nella mia vita.Il primo è stato l’esperienza di EuropHope, nel 1995, a Loreto, con papa Giovanni Paolo II: facevo parte del gruppo di trecento giovani della coreografia di accoglienza al papa e non mi scorderò mai di aver festeggiato il mio 23° compleanno in quel contesto, dove ho condiviso momenti belli e grandi con tanti ragazzi come me. Il secondo è stato più recente, ovvero la partecipazione, come delegata diocesana, al cammino sinodale in cui tutta la Chiesa è impegnata in questi anni. Per me è stata l’occasione per riscoprire la nostra diocesi nelle sue bellezze ma anche nelle sue crepe di dolore, di vedere come, laici e sacerdoti, nella diversità delle persone, delle esperienze di vita e delle idee possono camminare insieme e arricchirsi. Per me questo è il futuro della Chiesa”.

Keti se sei d’accordo comincerei dalla fine: tu hai partecipato all’ultima Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona, accompagnando il gruppo di 160 ragazzi della nostra diocesi, insieme ad altri adulti e al vescovo Rocco Pennacchio, ci vuoi raccontare questa esperienza?

Già da tempo l’équipe di Pastorale Giovanile Diocesana stava preparando un cammino di avvicinamento per i giovani alla GMG di Lisbona. Sapevano che io avevo partecipato a diverse GMG e da marzo mi hanno chiesto di entrare a far parte di questo gruppo e poi di accompagnare i giovani in Portogallo. Per me è stata un’esperienza entusiasmante e profonda, sia a livello personale che nel mio rapporto con i giovani, che è stato stretto, diretto e senza pregiudizi. Forse il giorno della Via Crucis abbiamo toccato la giornata più alta, profonda e attuale; sono passati messaggi forti e importanti con una scenografia che ha colpito al cuore, che era essenziale senza banalizzare. Tutti avevano le lacrime agli occhi, i giovani, gli adulti, i sacerdoti e i vescovi. Poi papa Francesco ha detto ai giovani di “brillare” e di “non temere” e questo è possibile solo se noi che siamo al loro fianco li lasciamo liberi di farlo. 

L’immagine dei giovani che emerge dalla narrazione mediatica è negativa e poco rassicurante: ma qual è la verità sulla generazione Z?

I ragazzi oggi vivono in un terreno arido sotto tanti punti di vista,ma dentro di loro hanno un desiderio di raccontarsi e di parlare che neanche immaginiamo e che si può concretizzare se noi adulti lasciamo loro il tempo e lo spazio di farlo e li ascoltiamo senza preconcetti. Non dobbiamo coprirli o soffocarli, il nostro compito è eventualmente sorreggerli e aiutarli in casi di sbandamenti o fragilità. Io personalmente non ho da dare nessun insegnamento, ho fatto e faccio i miei errori, quello che mi interessa è creare con loro un rapporto sincero e di scambio reciproco. 

Quali sono le sfide più urgenti per il Servizio Diocesano di Pastorale Giovanile?

Per me è prioritario rimettere in luce le potenzialità e le ricchezze dei giovani. Occorre renderli protagonisti sul serio e non meri esecutori di idee imposte da altri. Bisogna ascoltarli, capire ciò di cui hanno bisogno e cosa vogliono. Io sono convinta che i ragazzi hanno sete di Vangelo e di messaggi forti e inoltre, come Chiesa, credo che non dobbiamo aver paura di testimoniare la verità in cui crediamo e professare le nostre idee, essendo autentici fino in fondo nel rispetto vero dell’altro. Faccio un esempio: la Caritas diocesana ha accolto, quest’estate, un gruppo di giovani ucraini nel nostro territorio. Diversi ragazzi, anche lontani dai nostri ambienti ecclesiali, hanno dato la disponibilità a passare del tempo con loro mettendo a disposizione i loro talenti, come per esempio il ballo, pur sapendo benissimo chi organizzava questo soggiorno. Ecco io credo che i giovani non sono così lontani dal Vangelo, sono attratti dai valori veri e autentici vissuti concretamente e dalla coerenza. 

Una curiosità: cosa ti ha detto il vescovo Pennacchio quando ti ha proposto questo incarico? Te lo aspettavi?

Sinceramente no, pensavo che mi avrebbe chiamato a far parte dell’équipe ma non che ne sarei stata la Responsabile, una donna e per di più laica è un bel cambiamento rispetto al passato… Ci ho pensato qualche giorno poi il vescovo mi ha rassicurato, dicendomi che lui ed anche i suoi stretti collaboratori ci sarannosempre. La mia intenzione comunque è quella di creare un gruppo con i giovani e anche con persone più mature e camminare insieme. Io personalmente sento di avere dei limiti, nel senso che ci sarà sicuramente qualcuno più bravo di me, ma se lo Spirito Santo, per il tramite del vescovo e dei suoi collaboratori, ha guidato a questa scelta, sicuramente ci fidiamo. Come dicevo all’inizio ho sempre cercato di rispondere all’amore di Dio attraverso le richieste e le persone che incontravo nel cammino della mia vita, e anche questa volta è stato così.

E la tua famiglia? 

I miei familiari hanno sempre accettato e condiviso le mie scelte. Quando ho ricevuto la richiesta di svolgere questo servizio mi hanno detto “se tu sei contenta e pensi di riuscire a portare avanti questo incarico siamo felici per te e ti sosterremo”. 

Simona Mengascini