Domenica 26 Gennaio

UNA LUCE SI È LEVATA NELLA GALILEA DELLE GENTI

DA sempre il cuore dell’uomo è alla ricerca di Dio. Il suo desiderio è mosso dall’urgenza di trovare difesa contro i nemici e sicurezza nelle avversità della vita. La Liturgia della Parola di questa domenica ci rivela molto di più. È Gesù che va alla ricerca dell’uomo. Se Giovanni Battista chiamava a sé le folle, il Figlio di Dio, andando verso la Galilea, va loro incontro. Per il Cristo, annunciare il Vangelo nella Galilea delle genti significava offrire all’umanità la salvezza di Dio, manifestata nella sua persona e nei discepoli chiamati da lui stesso (Vangelo). L’instaurazione del Regno di Dio realizza la promessa fatta secoli prima dal profeta Isaia, e cioè che il Signore avrebbe ridato fiducia a una terra umiliata e confusa (I Lettura). Gesù ha cercato gli uomini fino a dare la vita. Per questo, san Paolo ricorda alle prime comunità cristiane che i battezzati sono stati amati e chiamati dal Signore. Attraverso la comunione tra i pastori, Cristo conduce la sua Chiesa. Perde senso vivere nella discordia e nella gelosia, poiché tutti i cristiani nascono ai piedi della croce. (Da La Domenica)

COMMENTO

Nel brano del Vangelo odierno si possono distinguere due parti: la prima parla dell’inizio dell’attività missionaria di Gesù, la seconda della chiamata di alcuni apostoli.
La descrizione dell’inizio della attività apostolica di Gesù è messa in rapporto con l’arresto di Giovanni Battista. Significativa è la determinazione geografica del luogo dove avviene tale inizio: in Cafarnao, città collocata sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali. Facendo questa precisazione Matteo intende evidenziare anzitutto la realizzazione della profezia di Isaia( 8,23-9,1), che annunziava alle popolazioni di quel territorio la liberazione dal potere dell’Assiria, liberazione che è raffigurata con il simbolismo della luce. Gesù è la grande luce destinata ad illuminare il popolo immerso nelle tenebre. E’ Lui che apporta una liberazione più profonda di quella che il profeta Isaia annunziava a quelle popolazioni. Dopo l’attività di Giovanni Battista si leva la grande luce, inizia la missione di Gesù, iniziano i tempi messianici.
Con il riferimento alla profezia di Isaia Matteo, poi, vuole mettere in risalto l’universalismo della missione di Gesù. Questa infatti inizia in una regione dove abitavano anche pagani; è la regione denominata dal profeta Isaia la “Galilea dei pagani”. Mediante il richiamo a questo particolare l’evangelista sottolinea che Gesù è il Messia, il Salvatore di tutti gli uomini.
Gesù inizia la sua attività missionaria annunziando, sulle orme del Battista, la conversione e l’avvicinamento del regno dei cieli: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». L’espressione “regno dei cieli” è caratteristica del Vangelo di Matteo ed equivale a “regno di Dio”. L’urgenza della conversione è motivata dal fatto che il regno di Dio si è fatto vicino. Esso si fa presente in Gesù, nella sua persona, nel suo messaggio, nei suoi gesti salvifici. In Lui, nella sua missione esso è operante nel mondo. Per entrarvi occorre convertirsi. Il significato della parola “conversione” è ricco e fortemente impegnativo.
La conversione non è una virtù particolare, ma una disposizione di animo; comporta totale cambiamento del modo di pensare e di agire.
Esige un atteggiamento nuovo, distaccato dalle inclinazioni disordinate.
Nella seconda parte del brano evangelico si parla della chiamata di due coppie di fratelli: Pietro ed Andrea, Giacomo e Giovanni. Nel realizzare la sua missione, Gesù non agisce da solo, ma chiama gli uomini a collaborare con lui. La chiamata e la sequela di Gesù sono del tutto caratteristiche; si differenziano dalla sequela dei rabbini. Questi avevano discepoli che li seguivano per apprendere la loro dottrina. Gesù invece sceglie Lui stesso; Egli chiama; e ciò presuppone un particolare amore. Inoltre la sequela comporta anzitutto la ricerca della sua persona, una relazione personale con Lui.
La risposta delle coppie dei due fratelli è particolarmente generosa. Seguono Gesù subito; abbandonano tutto, le reti, la barca, il padre. Essi certamente non hanno la chiarezza di ciò che avrebbe comportato la sequela; ma la potenza dell’amore con cui Gesù pronuncia l’invito, apre il loro cuore all’accoglienza, alla generosità, alla fiducia.
Anche a noi Gesù rivolge l’invito alla conversione, la quale esige un serio, autentico ripensamento del nostro modo di comportarci. Dobbiamo chiederci costantemente se il nostro stile di vita è veramente cristiano.
Anche a noi Gesù dirige l’invito a collaborare con Lui per l’avvento del Regno di Dio nel mondo: il nostro apporto è indispensabile. Esso si realizza non mediante azioni straordinarie, ma nella semplicità del nostro vivere quotidiano. Ognuno di noi è chiamato ad essere “segno di salvezza e di speranza per tutti coloro che dalle tenebre anelano alla luce”. (da Confraternita di San Giovanni Battista de’ Genovesi)