Federica racconta la sua esperienza di catechista
Con l’arrivo dell’estate, giunge il “tempo dei bilanci” anche per il catechismo: una delle persone che si sono rese disponibili ad accompagnare la formazione catechistica dei bambini, con le altre catechiste e don Emilio, è Federica Stortini, la quale condivide alcune riflessioni sulla sua esperienza. Mamma di due ragazze di 13 e 17 anni, si autodefinisce subito un “jolly” del secondo anno di catechismo; infatti, è riuscita a essere sempre presente come le situazioni lo permettevano, alternandosi con Michela, l’altra catechista con la quale condividono la responsabilità di un gruppo di una quindicina di bambine e bambini di IV elementare. Oltre agli impegni della settimana, di tanto in tanto è costretta “il sabato e la domenica a secondi e terzi lavori”.
Allora Federica, prima togliamoci subito gli aspetti negativi: quali sono le difficoltà più grandi che hai incontrato?
“All’inizio mi trovavo un po’ in imbarazzo con i genitori che mi conoscevano. Avevo paura di fare brutta figura. Invece è stato più facile del previsto. Proprio perché mi conoscono, mi sono sentita a casa anche con i genitori. Io ha fatto il catechismo con tanta semplicità, non ho fatto la maestrina. I ragazzi si divertivano, non era solo un momento di stare seduti e zitti. Era anche divertimento. I ragazzi sono già pieni di impegni: dopo la scuola, il calcio, danza, pianoforte, anche il sabato, stare a testa bassa a fare qualcosa sembrava forzato. Quindi si è cercato di rendere piacevole la proposta. Anche io mi sono divertita, chiaramente, quando sono riuscita ad andare”.
Quali sono le motivazioni che ti hanno spinta a dare la tua disponibilità per questo servizio?
“I bambini mi hanno sempre dato forza. Se fosse stato per me, ne avrei fatti sette! Loro ti fanno vedere il mondo con occhi diversi, non appannati dai problemi. Quindi è stato utile anche per me. Sì, ho sentito questo aiuto alla parrocchia, non come una forzatura.
Sono stata costretta a separarmi e per affrontare le necessità delle figlie e mie, faccio dei lavori secondari e la mia situazione di divorziata – anche per un dialogo maturato con don Emilio – non mi rende inadatta a svolgere questo prezioso servizio alla parrocchia. Anzi, proprio il modo con il quale affronto, con l’aiuto di Dio e l’amicizia con le altre catechiste, mi permette di andare avanti e, con semplicità, dare una piccola testimonianza di come sia possibile non allontanarsi dalla comunità e, anche il solo esserci, può aiutare chi vive situazioni come la mia”.
C’è una difficoltà oggettiva nel “fare catechismo”, oggi?
“Fare catechismo è difficile se lo affronti con un’impostazione lontana dalla realtà di oggi. La difficoltà è rendere attuale la nostra proposta di crescita umana e cristiana. E, nel nostro caso, dato che prepariamo ai sacramenti della Cresima e della “Prima Comunione” bisogna preparare (e cercare, in alcuni casi) il materiale. Io, purtroppo, per mancanza di tempo, non sono molto riuscita a prepararlo ma ho valorizzato quello che mi giungeva dalle altre catechiste e da don Emilio. Ma oltre al materiale e a una proposta di fede precisa e condivisa tra noi – oggi i ragazzi rimangono distaccati dai contenuti della fede – e, pur facendo rispettare alcune regole, cerchiamo di avere un’impostazione accogliente e di crescere nel dialogo e nella collaborazione con le famiglie. Oggi, non solo per i ragazzi, certi concetti della fede con i quali siamo cresciuti noi, sono lontani”.
Cosa fa la differenza? L’educazione familiare o il carattere del singolo?
“Ogni ragazzo è diverso. Anche nella mia famiglia, una delle figlie è più appassionata alla religione, l’altra, meno e lo dice con semplicità anche a don Emilio: Io non ci credo. Nonostante si viva sotto lo stesso tetto, si è persone diversissime. Quindi non è la famiglia a determinare tutto, ma anche la sensibilità individuale. Don Emilio lascia molta libertà nella parrocchia, e questo si percepisce. I bambini lo sentono: non ti senti costretto né vincolato. Alcuni sono contenti di esserci, altri meno, ma lo spazio è aperto a tutti.
Nel mio gruppo, alcuni ragazzi sembra che siano costretti a venire. Ne ho parlato con loro, ho detto che non dovevano sentirsi obbligati. Abbiamo trovato un compromesso: loro facevano ciò che avevano piacere di fare, senza disturbare gli altri. E abbiamo trovato un equilibrio. Mi ha sorpreso, perché non è facile”.
Cosa ti ha colpito di più dell’esperienza che hai fatto con i ragazzi del catechismo, quest’anno?
“I ragazzi oggi sono molto sensibili e rispettosi, attenti a non ferire. È molto bello e il catechismo li aiuta. È un punto di riferimento. In un mondo molto materiale e virtuale, sapere che c’è un luogo e ci sono persone che ti ascoltano è importante. Non è raro vedere bambini che vengono in chiesa anche se i genitori non ci sono.
L’ultimo incontro dell’anno l’abbiamo fatto al Santuario, parlando della sua storia. Solo pochissimi la conoscevano. Vederli con il loro quadernone pieno di materiali è stato bello, e credo lo sia stato anche per loro: durante gli incontri ogni volta attaccavamo una fotocopia, che dava spunto per parlare di un argomento. Potranno poi, riprenderlo in futuro…”
Simona Mengascini

Devi effettuare l'accesso per postare un commento.