SETTENARIO DELLA MADONNA DEL PIANTO

Cattedrale di Fermo, 14-19 gennaio 2019

Maria e la gioia del Vangelo

Mercoledì 16 gennaio

Pellegrinaggio delle Parrocchie Santa Maria degli Angeli e San Girolamo

 

Guarì molti che erano affetti da varie malattie

Eb 2, 14-18; Salmo 104 (105) con il rit. Il Signore si è sempre ricordato della sua alleanza; canto al vangelo: “Le mie pecore ascoltano la mia voce, dice il Signore, e io le conosco ed esse mi seguono” (Gv 10, 27); Mc 1, 29-39.

 

Così afferma la Lettera agli Ebrei parlando di Cristo Gesù: “… proprio per essere stato messo alla prova e aver sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova”.

Da questo si potrebbe affermare che non si può dare ciò che non si ha; non si può insegnare ciò che non si sa. E il “sapere” non investe solo la intelligenza, ma tocca l’intera persona, “il sangue e la carne”, dice la Lettera agli Ebrei, cioè deve incidere “cuore, mente e mani”; non è pertanto una realtà superficiale o estetica ma globale che pretende una scuola permanente, ha bisogno di maestri adeguati e di discepoli con cui approfondire la ricerca.

Pur essendo Gesù l’unico Maestro (cf. Mt 23, 8b) possiamo guardare con profitto Maria, la prima discepola secondo il Concilio Ecumenico Vaticano II e imparare: è la persona che si è affidata pienamente a Dio e ha creduto alla realizzazione della Parola (cf. Lc 1, 48). Dalla storia vediamo che ha messo in pratica ciò Gesù le disse quando la vide accanto al discepolo che egli amava: «Donna, ecco tuo figlio!» (Gv 19, 26); infatti, aiuta realmente chi si rivolge a lei con atteggiamento filiale. Quanti Santuari custodiscono la memoria di interventi straordinari con gli “ex voto”, oggetti con un’iscrizione estesa (Per Grazia Ricevuta) o abbreviata (PGR) che indicano quanto Lei ha operato.

Ma, ciascuno di noi deve prendere sul serio ciò che Gesù disse a Giovanni – «Ecco tua madre!» – e ciò che egli, di conseguenza, fece: «E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé» (Gv 19, 27). Ecco, questo dovremmo fare ogni giorno e renderne testimonianza. Senza questa esperienza concreta, offriamo esortazioni, facciamo riflessioni ma non trasmettiamo una presenza viva, non ne facciamo sentire il fuoco che illumina e purifica, fortifica e risana (pensiamo alle guarigioni di cui abbiamo sentito nel Vangelo). E questo incontro vivo con Maria dovrebbe coinvolgere l’intera persona, in tutte le dimensioni: spirito, anima e corpo (cf. 1Ts 5, 23).

Così scrive Papa Francesco nella Lettera Enciclica Lumen fidei (29 giugno 2013) su cosa significhi incontrare il Dio vivente e trasmetterne la realtà: «Per trasmettere un contenuto meramente dottrinale, un’idea, forse basterebbe un libro, o la ripetizione di un messaggio orale. Ma ciò che si comunica nella Chiesa […], è la luce nuova che nasce dall’incontro con il Dio vivo, una luce che tocca la persona nel suo centro, nel cuore, coinvolgendo la sua mente, il suo volere e la sua affettività, aprendola a relazioni vive nella comunione con Dio e con gli altri» (n. 40). Per trasmettere tale Incontro esistono i Sacramenti celebrati nella liturgia della Chiesa: essi coinvolgono tutta la persona, “corpo e spirito, interiorità e relazioni” mostrando come il visibile e il materiale si aprono verso il mistero dell’eterno. E al numero 45, aggiunge dicendo degli effetti della celebrazione dei Sacramenti: il credente viene invitato a entrare nel mistero che professa e a lasciarsi trasformare da ciò che professa.

Per vivere da autentici discepoli del Signore Crocifisso-Risorto dobbiamo accogliere Maria tra le nostre realtà più preziose; tenerLa nel cuore e nella mente; affidarci a Lei, senza paura di importunarLa. Non desidera altro che Le diciamo di noi, della nostre situazioni: è Aiuto dei cristiani e Salute degli infermi; che gli chiamo un consiglio: è Sede della sapienza, Madre del Buon Consiglio; che gli presentiamo ciò di cui abbiamo bisogno o gli diciamo le situazioni che non possiamo risolvere perché non dipendono da noi: è madre di Dio e madre della Chiesa.

Imitando lei attuiamo nelle forme adatte le parole di Gesù, che hanno chiuso il Vangelo di oggi: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». Chi più della Madre può parlare del Figlio e farne cogliere i motivi della venuta? Così afferma l’Evangelii gaudium:

«In questa Esortazione desidero indirizzarmi ai fedeli cristiani, per invitarli a una nuova tappa evangelizzatrice marcata da questa gioia e indicare vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni.

Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata. Quando la vita interiore si chiude nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene. Anche i credenti corrono questo rischio, certo e permanente. Molti vi cadono e si trasformano in persone risentite, scontente, senza vita. Questa non è la scelta di una vita degna e piena, questo non è il desiderio di Dio per noi, questa non è la vita nello Spirito che sgorga dal cuore di Cristo risorto.

Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta […]. Nessuno potrà toglierci la dignità che ci conferisce questo amore infinito e incrollabile. Egli ci permette di alzare la testa e ricominciare, con una tenerezza che mai ci delude e che sempre può restituirci la gioia. Non fuggiamo dalla risurrezione di Gesù, non diamoci mai per vinti, accada quel che accada. Nulla possa più della sua vita che ci spinge in avanti!» (nn. 1-3).

 

Maria, Madre della Chiesa, chiedi all’Eterno Padre la grazia che la fede che professiamo incida in profondità le nostre persone! Fa’ che la liturgia che celebriamo ci trasformi nel Corpo di Cristo che continua a operare miracoli! Fa’ che non siamo scontenti o delusi, ma felici perché sempre raggiunti dall’amore infinito e incrollabile di Cristo Gesù!

Giovedì 17 gennaio (sant’Antonio e preghiera per il dialogo ebraico-cristiano)

Pellegrinaggio delle Parrocchie Santa Lucia e Sant’Alessandro

La lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato

Eb 3, 7-14; Salmo 94 (95) con il rit. Ascoltate oggi la voce del Signore: non indurite il vostro cuore; canto al vangelo: “Gesù annunciava il vangelo del Regno e guariva ogni sorta di malattie e infermità nel popolo” (cf Mt 4, 23); Mc 1, 40-45.

 

Il brano della Lettera agli Ebrei ascoltato ci offre importanti indicazioni, che vogliamo accogliere: “Badate, fratelli, che non si trovi in nessuno di voi un cuore perverso e senza fede che si allontani dal Dio vivente. Esortatevi piuttosto a vicenda ogni giorno […], perché nessuno di voi si ostini, sedotto dal peccato”. Rivolgendosi a battezzati l’autore suggerisce di non avere un cuore perverso e senza fede, di non essere sedotti dal peccato. Li invita a giuste e corrette relazioni ispirate all’amore evangelico che vince il peccato con le sue seduzioni, e questo – se e quando è vissuto – crea un ambiente fraterno, che supera conflitti e, qualora si creassero, diventa capace di superarli.

Mai come in questi ultimi anni i fatti di cronaca, ci mettono a conoscenza di una crescita di gelosie, conflitti, tensioni, tra persone e stati ed è evidente di come sia decisivo un rinnovato impegno per la salvaguardia dell’ambiente, fatto dalle persone – di quello della famiglia, della scuola o della parrocchia, come di quello della città in cui abitiamo –, ma anche dal luogo e dalla natura. Infatti, aiuta le relazioni vivere in luoghi in cui ci tengono ordinate le strade, gli spazi verdi, … L’ambiente è costituto dalle persone, ma anche dalla natura e dalle nostre città! Ambienti sani contribuiscono a risanare i malati, ambienti luminosi fanno vincere la paura delle tenebre, ambienti in cui circola speranza fanno ritrovare la forza di rimettersi in piedi dopo aver sbagliato, ambienti puliti aiutano persone e istituzioni a essere ordinati e a non rovinare la terra.

Sì, prendersi cura dell’ambiente fa respirare e dà vita nuova a corpo e spirito, ma è vero anche il contrario. Ambienti tenebrosi alimentano paura, ambienti sporchi non invitano le persone a mantenerli tale, ambienti con relazioni malate o disoneste non aiutano le persone, soprattutto i giovani, a stimare la legalità!

E nel nostro ambiente, come sono le relazioni: fraterne o di indifferenza, di comprensione o di rancore? Ci impegniamo a costruire ambienti in cui possano circolare amore, fiducia, misericordia e speranza?

In qualsiasi situazione ci troviamo, anche se fossimo peccatori incalliti e impenitenti, possiamo rivolgerci con semplicità filiale alla prima discepola di Gesù, a Maria e chiederne il potente intervento affinché ci aiuti a “cambiare strada” o ad “accelerare il passo” affinché non guardiamo solo o primariamente il nostro tornaconto ma ci diamo da fare come comunità ecclesiale per una società più giusta e fraterna, di cui il mondo ha estremo bisogno! Una società più giusta perché più fraterna e fraterna perché giusta e attenta quindi a non dimenticare la necessità della misericordia, essendo tutti bisognosi di purificazione.

Stasera vorrei ripetere con voi alcune invocazioni mariane, che mi sembrano adatte all’argomento: Maria, Rifugio dei peccatori, Madre di misericordia e Regina della famiglia, perché per evitare di cadere e rimanere in ambienti malsani non basta l’impegno personale, c’è bisogno di essere Chiesa, persone capaci di creare ambienti sani e di essere Chiesa-in-uscita, persone capaci di costruirli ovunque, e di mantenerli. Persone cioè disposte ad accogliere Gesù e a generarLo, come ha fatto Maria, e Gesù continuerà a purificare lebbrosi, sanare malati e salvare peccatori.

Riprendendo la pagina del Vangelo possiamo dire che ci sono “lebbrosi” anche oggi, e tra questi siamo anche noi! Guai a sentirci sani, mentre non lo siamo; guai a giudicare i peccatori, mentre noi non siamo da meno, anche se non della medesima gravità; guai a sentirci migliori di altri, mentre non è dipeso solo da noi. Ci ha preservato da peccati gravi la preghiera di tanti, a noi sconosciuti! Papa Francesco descrive la Chiesa, madre dal cuore aperto:

«La Chiesa “in uscita” è una Chiesa con le porte aperte. Uscire verso gli altri per giungere alle periferie umane non vuol dire correre verso il mondo senza una direzione e senza senso. Molte volte è meglio rallentare il passo, mettere da parte l’ansietà per guardare negli occhi e ascoltare, o rinunciare alle urgenze per accompagnare chi è rimasto al bordo della strada. A volte è come il padre del figlio prodigo, che rimane con le porte aperte perché quando ritornerà possa entrare senza difficoltà.

La Chiesa è chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre. […] la Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa.

Se la Chiesa intera assume questo dinamismo missionario deve arrivare a tutti, senza eccezioni. Però chi dovrebbe privilegiare? Quando uno legge il Vangelo incontra un orientamento molto chiaro: non tanto gli amici e vicini ricchi bensì soprattutto i poveri e gli infermi, coloro che spesso sono disprezzati e dimenticati, «coloro che non hanno da ricambiarti» (Lc 14, 14). Non devono restare dubbi né sussistono spiegazioni che indeboliscano questo messaggio tanto chiaro. Oggi e sempre, «i poveri sono i destinatari privilegiati del Vangelo», e l’evangelizzazione rivolta gratuitamente ad essi è segno del Regno che Gesù è venuto a portare. Occorre affermare senza giri di parole che esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri. Non lasciamoli mai soli.

Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo. […] Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita. Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: «Voi stessi date loro da mangiare» (Mc 6, 37)» (Evangelii gaudium, nn. 46-49).

 

E tutto ciò dovrebbe iniziare da subito, tra noi, perché “una casa divisa in se stessa, va in rovina”! Abbiamo bisogno del amore coraggioso di Maria divenuta madre di Dio che dona 3 mesi per servire Elisabetta; abbiamo bisogno del suo amore che si accorge del disagio degli sposi per la mancanza di vino al banchetto; abbiamo bisogno del suo amore misericordioso versato con abbondanza tra i discepoli smarriti o che avevano rinnegato il Maestro nei giorni della Passione… Sì, ne abbiamo bisogno … e possiamo chiederlo!

 

«Il mondo è lacerato dalle guerre e dalla violenza, o ferito da un diffuso individualismo che divide gli esseri umani e li pone l’uno contro l’altro ad inseguire il proprio benessere. […] Ai cristiani di tutte le comunità del mondo desidero chiedere specialmente una testimonianza di comunione fraterna che diventi attraente e luminosa. Che tutti possano ammirare come vi prendete cura gli uni degli altri, come vi incoraggiate mutuamente e come vi accompagnate: Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri (Gv 13, 35). È quello che ha chiesto con intensa preghiera Gesù al Padre: Siano una sola cosa … in noi … perché il mondo creda (Gv 17, 21). Attenzione alla tentazione dell’invidia! Siamo sulla stessa barca e andiamo verso lo stesso porto! Chiediamo la grazia di rallegrarci dei frutti degli altri, che sono di tutti […] Non lasciamoci rubare l’ideale dell’amore fraterno!» (Evangelii gaudium, n. 99 e 101).

 

Questo è quello che ha cercato di fare il Santo di cui celebriamo oggi la memoria, Antonio abate, con tutte le forze ha cercato di creare un ambiente in cui Dio fosse di casa e dove il tempo fosse scandito dalla preghiera e dalla lettura amorevole della Scrittura, oltre che dal lavoro per mantenersi e non essere di peso ad alcuno.

Ha combattuto il maligno e si è dato da fare affinché non avesse spazio né attrattiva nella sua vita. E il suo esempio ha affascinato una schiera di persone che l’ha seguito nel deserto. Egli trascinava perché non si stancava di lottare e questo era di esempio a molti che erano tentati di abbandonare la lotta contro il male e i vizi.

E quando seppe che la comunità cristiana di Alessandria era in difficoltà per lotte interne, abbandonò il deserto per tornare in città. Diede il suo contributo che risultò decisivo per mantenere l’unità della Chiesa.

Grazie Maria, grazie Antonio, … che ci insegnate con la vita a trascinare le folle. Vi siete impegnati a vivere nella sequela di Gesù e non vi siete preoccupati di scrivere nulla di voi; altri lo hanno fatto (gli evangelisti per Maria e Atanasio per Antonio); essi hanno sentito l’esigenza di narrare di voi e di far sapere qualcosa della vostra vita e della missione che avete svolto per la Chiesa.

Il vostro esempio continua a trascina tanti, ieri come oggi, anche noi!

Aiutateci a rendere le nostre comunità “attraenti e luminose” per l’amore reciproco che vi regna e per la misericordia che non può mancare, perché rende l’amore sempre nuovo e sempre più vero!