Domenica 5 maggio alle ore 9,45 sono attesi cactechisti e catechiste della parrocchia nella sala “timor di Dio” per un proseguire la riflessione sulla Evangelii gaudium di Papa Francesco avviata il 24 marzo. Si era pensato, mesi fa a una intera giornata al Santuario della Madonna dell’Ambro, ma per sopraggiunte situazioni, si è costretti a rimanere qui e a concludere con la Messa delle 11,15. SI allega il testo che cercheremo di studiare in vista di una maggiore comprensione delle indicazioni pastorali di Papa Bergoglio.

“Evangelii gaudium” di Papa Francesco (nn. 48-49. 93-94)

48. Se la Chiesa intera assume questo dinamismo missionario deve arrivare a tutti, senza eccezioni. Però chi dovrebbe privilegiare? Quando uno legge il Vangelo incontra un orientamento molto chiaro: non tanto gli amici e vicini ricchi bensì soprattutto i poveri e gli infermi, coloro che spesso sono disprezzati e dimenticati, «coloro che non hanno da ricambiarti» (Lc 14, 14). Non devono restare dubbi né sussistono spiegazioni che indeboliscano questo messaggio tanto chiaro. Oggi e sempre, «i poveri sono i destinatari privilegiati del Vangelo» , e l’evangelizzazione rivolta gratuitamente ad essi è segno del Regno che Gesù è venuto a portare. Occorre affermare senza giri di parole che esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri. Non lasciamoli mai soli.

49. Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo. Ripeto qui per tutta la Chiesa ciò che molte volte ho detto ai sacerdoti e laici di Buenos Aires: preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti. Se qualcosa deve santamente inquietarci e preoccupare la nostra coscienza è che tanti nostri fratelli vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita. Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: «Voi stessi date loro da mangiare» (Mc 6, 37).

II. Tentazioni degli operatori pastorali
No alla mondanità spirituale
93. La mondanità spirituale, che si nasconde dietro apparenze di religiosità e persino di amore alla Chiesa, consiste nel cercare, al posto della gloria del Signore, la gloria umana ed il benessere personale. È quello che il Signore rimproverava ai Farisei: «E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio?» (Gv 5, 44). Si tratta di un modo sottile di cercare «i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo» (Fil 2, 21). Assume molte forme, a seconda del tipo di persona e della condizione nella quale si insinua. Dal momento che è legata alla ricerca dell’apparenza, non sempre si accompagna con peccati pubblici, e all’esterno tutto appare corretto. Ma se invadesse la Chiesa, «sarebbe infinitamente più disastrosa di qualunque altra mondanità semplicemente morale» .
94. Questa mondanità può alimentarsi specialmente in due modi profondamente connessi tra loro. Uno è il fascino dello gnosticismo, una fede rinchiusa nel soggettivismo, dove interessa unicamente una determinata esperienza o una serie di ragionamenti e conoscenze che si ritiene possano confortare e illuminare, ma dove il soggetto in definitiva rimane chiuso nell’immanenza della sua propria ragione o dei suoi sentimenti. L’altro è il neopelagianesimo autoreferenziale e prometeico di coloro che in definitiva fanno affidamento unicamente sulle proprie forze e si sentono superiori agli altri perché osservano determinate norme o perché sono irremovibilmente fedeli ad un certo stile cattolico proprio del passato. È una presunta sicurezza dottrinale o disciplinare che dà luogo ad un elitarismo narcisista e autoritario, dove invece di evangelizzare si analizzano e si classificano gli altri, e invece di facilitare l’accesso alla grazia si consumano le energie nel controllare. In entrambi i casi, né Gesù Cristo né gli altri interessano veramente. Sono manifestazioni di un immanentismo antropocentrico. Non è possibile immaginare che da queste forme riduttive di cristianesimo possa scaturire un autentico dinamismo evangelizzatore.